Il sentiero delle lacrime

Nel 1812 ci fu una seconda guerra tra Inghilterra e Stati Uniti e Tecumseh (vedi capitolo la nascita degli Stati Uniti) chiamò a raccolta i suoi seguaci e guidò le forze Shawnee a fianco degli inglesi.

questa volta avevano abbraciato la causa inglese un gran  numero di indiani dei laghi e dell'Ohio, fiduciosi che i loro amici inglesi avrebbero scacciato gli americani dagli antichi terreni di caccia.

probabilmente ci credeva a questo anche Tecumseh, ho forse era l'ultima speranza a cui si aggrappava. Tecumseh ebbe un ruolo di rilievo nella presa di Detroit nella tarda estate del 1812.

dopo aver sventato il piano del generale americano William Hull di conquistare fort Malden l'avamposto inglese a sud del fiume , Tecumseh si aggregò al maggior generale sir Isaac Brock governatore inglese del Ontario.

mentre infatti Brock avanzava fino a rimanere appena fuori tiro rispetto ai difensori della città, Tecumseh fece sfilare i suoi 400 guerrieri da una collina vicina e poi fece loro il giro e ripetere la manovra. in modo che il suo esercito sembrasse molto più grande di quanto non fosse nella realtà.

lo stratagemma ebbe successo ed Hull ritenne di doversi arrendere. nel timore di un possibile massacro.

Tecumseh trovò la morte nei presi del fiume Thames in Ontario il 5 ottobre 1813 quando le forze anglo-indiane furono sconfitte da quelle americane.

C’era un’alleanza che premeva particolarmente a Tecumseh (vedi capitolo la nascita degli Stati Uniti) prima di imbarcarsi in una guerra contro gli Americani: quella con i Creek.
Per questo, aveva fatto tutte le raccomandazioni possibili ai suoi guerrieri, partendo poi verso il Sud-Est.
Il territorio dei Creek, in Georgia e Alabama orientale, confinava a nord con quello dei Cherokee, a sud con i Choctaw. Questi popoli, insieme ai Chickasaw, avevano tutti la medesima matrice etnico-linguistica e sarebbero stati anche definiti dagli Americani come le Cinque Tribù Civilizzate.

 i Red Sticks (un gruppo di giovani guerrieri Creek  alleati degli inglesi)  capeggiati dal capo Aquila Rossa attaccarono l’avamposto americano di Fort Mims in Alabama dove si erano rifugiati i bianchi americani e i loro alleati indiani. I Red Sticks conquistarono il forte e massacrarono i prigionieri, compresi le donne e i bambini. In questo massacro furono uccise quasi 250 persone, provocando un panico che si diffuse lungo tutta la frontiera americana nel Sud-Est; questo massacro avvene il 30 agosto 1813.
In risposta al massacro di Fort Mims, il Tennessee, la Georgia e il Territorio del Mississippi inviarono delle truppe nel territorio dei Creek. In inferiorità numerica e mal equipaggiati, i Red Sticks fecero un combattimento disperato dalle loro fortezze nel deserto. Il 27 marzo 1814, il generale  Andrew Jackson aiutato dal 39º reggimento di fanteria degli Stati Uniti e dai suoi alleati Cherokee e  altri Creek, riuscì ad espugnare la resistenza dei Red Sticks nella battaglia di Horseshoe Bend sul Fiume Tallapoosa. Anche se i Bastoni Rossi furono decimati (persero la vita circa 3000 Creek durante questa guerra) la resistenza durò diversi mesi. Nell’agosto 1814, stremati e quasi morti di fame, si arreso a Jackson a Wetumopka, vicino all’attuale città di Montgomery in Alabama. Il 9 agosto 1814 i Creek furono costretti a firmare il Trattato di Fort Jackson che mise fine al conflitto e impose ai Creek la cessione di 20 milioni di acri (81.000 km²) di terre agli Stati Uniti, in pratica più della metà dei loro antichi territori. Anche i Creek che avevano combattuto a fianco di Jackson furono costretti a cedere i loro territori poiché Jackson li considerava responsabili della ribellione dei Red Sticks. Lo Stato dell’Alabama fu così incorporato negli Stati Uniti nel 1819.

La definitiva disfatta inferta ai Creek e ancora di più la sfolgorante vitttoria contro gli Inglesi, ottenuta nelle paludi intorno a New Orleans nel gennaio 1815, avevano collocato Andrew Jackson su un piedistallo dal quale sarebbe stato quasi impossibile scalzarlo.
Sebbene il successo contro le forze inglesi fosse stato conseguito a guerra già terminata – la
notizia della fine delle ostilità con il trattato di Gand del dicembre 1814 giunse a New York l’11 febbraio successivo – gli Stati Uniti ne andavano fieri, perché aveva umiliato la tracotanza del loro principale nemico del momento, riscattando la poco onorevole fuga del presidente James Madison dalla capitale.
L’unione nordamericana contava ora 18 Stati, con una popolazione complessiva di 9 milioni di abitanti. Altri 4 territori – Alabama, Illinois, Indiana e Mississippi – stavano per essere innalzati al rango di Stati membri
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Conclusa la guerra che riguardava anche la questione della frontiera canadese – praticamente irrisolta da ambo le parti  un problema che si presentava agli Americani era quello del confine meridionale, rappresentato dalla Florida. Nonostante fossero già state tentate varie trattative con la Spagna, quest’ultima non sembrava affatto decisa a cederla al potente confinante. Il suo reiterato rifiuto irritava gli Stati Uniti soprattutto perché gli Spagnoli tolleravano tre cose che potevano costituire una minaccia. La prima era di permettere agli Inglesi di mantenere basi commerciali più o meno militarizzate nella penisola; la seconda risiedeva nella assoluta tolleranza ispanica verso gli schiavi neri fuggiti dalle piantagioni del Sud, i quali trovavano spesso ospitalità fra gli indiani. Infine, il terzo motivo consisteva nell’aver lasciato affluire molti profughi creek dell’Alabama, aggiuntisi ai Seminole della zona per formare parte integrante delle loro tribù.

La maggior parte degli studiosi ritiene che i Seminole siano soprattutto una derivazione dal ceppo creek, trasferitosi in Florida intorno al 1730. Probabilmente si trattava di qualche banda Creek.
 i Seminole potevano raggruppare forse 10.000 persone, se si accetta la stima effettuata dal generale Gaines, che quantificò i combattenti avversari in 2.700.
i Seminole costruivano capanne simili a palafitte, con il tetto e le pareti formati da palmizi ed erbe palustri.
L’intrusione americana nella Florida venne recepita subito come un segnale di pericolo, proprio perché il generale Gaines, espugnando il forte dei spagnoli, aveva dato una dimostrazione dell’armamento e dell’organizzazione del suo esercito. I più avveduti fra i capi seminole, si dissero certi che gli uomini provenienti dagli Stati Uniti  non erano come gli inetti Spagnoli rappresentassero il nemico più minaccioso.

Una disperata mossa dei seminole rifugiandosi nel presidio anglo-spagnolo di S. Marks – diede al generale Jackson il pretesto per compiere il colpo di mano che aspettava. Infatti non gli ci volle molto ad avere ragione dei difensori. Presa la fortificazione senza troppi sforzi, perché gli Indiani l’avevano già abbandonata, gli Americani riuscirono invece a catturare alcuni degli ufficiali Inglesi a cui miravano. Mentre il primo fu condannato subito
Il 28 maggio 1818, Jackson espugnò anche questa fortezza, malamente difesa dalla guarnigione spagnola da un gruppo di Seminole e andando oltre i suoi poteri, dichiarò l’annessione del territorio  conquistato agli Stati Uniti d’America.

Nel 1822 i Cherokee possedevano un patrimonio di 22.000 bovini, 46.000 suini, quasi 8.000 cavalli e 2.500 ovini. Avevano anche più di 750 telai per la filatura, 170 carri e poco meno di 3.000 aratri per dissodare il suolo. Raccoglievano il cotone dalle loro piantagioni servendosi anche – come facevano gli Americani – di parecchie centinaia di schiavi, soprattutto neri. Secondo un dato del 1830, infatti, le Cinque Nazioni Civilizzate (Cherokee, Creek, Choctaw, Chickasaw, Seminole) possedevano circa 3.000 schiavi, in ragione di uno ogni 15 abitanti.
Ma il loro progresso non si limitava alla crescita economica e materiale.
Fra i Cherokee erano state istituite 18 scuole, abitazioni ed abbigliamento imitavano lo stile dei Bianchi ed esisteva una rete di strade e collegamenti acquatici, questi ultimi sviluppati lungo fiumi a canali solcati da 18 navi-traghetto e da numerose barche e chiatte.
A ciò si deve aggiungere che, nel 1821, un uomo di nome Sequoya aveva ideato un alfabeto destinato a rivoluzionare la cultura della sua nazione.

Attraverso l’operato di ben tre presidenti americani prese corpo il progetto della deportazione in massa, oltre il Mississippi, di tutte le tribù pellerossa, volenti o nolenti. L’idea nacque al tempo di Jefferson (1812) ma la decisione vera e propria fu presa dal presidente Monroe (che pure non odiava gli indigeni) nel 1825. L’avvio della deportazione (1830), però, porta la firma di “Uccisore di Indiani”, il presidente Andrew Jackson. Per buona misura dobbiamo ricordare che lo stesso Jackson ebbe salva la vita in conflitto grazie all’intervento di un guerriero Cherokee che uccise un Creek che lo stava per ammazzare. é proprio i Cherokee ebbero a soffrire maggiormente a causa di Jackson. Jackson promulgò il “Removal Act”, una legge con la quale imponeva a tutti gli indiani dell’est di trasferirsi a ovest. Tutti gli indiani, compresi quelli che da anni avevano avviato un cammino di “civilizzazione” che li aveva resi assai simili, almeno nei comportamenti, ai bianchi. I Cherokee, ad esempio, coltivavano la terra, avevano una propria forma di governo molto evoluta, stampavano un giornale, conoscevano le leggi. Cadeva, dunque, la maschera della volontà di civilizzazione dei popoli rossi; in realtà vinceva l’egoismo di chi desiderava la terra degli indiani, specialmente se c’era il fondato sospetto che vi si potesse trovare oro in grandi quantità. Il Removal Act sospingeva le tribù, le più diverse per lingua, tradizioni e comportamenti, verso l’Oklahoma che sarebbe stata la loro nuova patria. Il trasferimento durò anni, costò migliaia di vite (perse durante il doloroso cammino) e non risolse certo i problemi. Dei circa centomila indiani coinvolti solo due terzi si incamminarono mentre gli altri scelsero di lottare in clandestinità, nascosti tra le montagne dove non costituirono comunque un gran problema.

I Delaware subirono l’onta per primi dal 1831 al 1834, trasferiti su carri e battelli nei quali morirono come mosche. Specialmente i bambini!

Li seguirono gli Shawnee, dopo aver lottato inutilmente. I Potawatomi non vollero accettare supinamente il triste destino dell’abbandono delle loro terre; ci pensarono i soldati con l’uso delle armi.

I Winnebago partirono in 2000 e arrivarono in circa 1200, decimati dalla fatica, dalle malattie e dall’alcool che gli veniva propinato lungo la strada da commercianti bianchi senza scrupoli, interessati soprattutto a rubare i denari stanziati dal governo a guisa di risarcimento.

Quasi tutti furono costretti a partire durante l’autunno o l’inverno e molte tribù fecero la conoscenza del vaiolo prima ancora della partenza. I Mandan, ad esempio, non ebbero necessità di spostarsi dal momento che un’epidemia di vaiolo – accuratamente procurata loro dai bianchi a mezzo di coperte infette – li ridusse dell’80%.

Le grandi nazioni indiane del sud – Cherokee, Chickasaw, Choktaw e Creek – subirono più di altri l’ingiustizia del Removal Act. I Cherokee erano l'esempio ideale di indiani ormai civilizzati. Coltivavano 130mila Km quadrati di terra fertile sulla quale allevavano ogni genere di bestiame, vivevano più a lungo dei bianchi della Georgia (lo stato che voleva le loro terre), avevano un loro alfabeto (grazie al lavoro di Sequoiah, un Cherokee) e stampavano un giornale in due lingue.

Il governo americano spinse molto sui Cherokee affinché partissero presto proprio per quel che rappresentavano agli occhi delle altre tribù; se accettano loro – si pensava – anche gli altri li seguiranno. In quel periodo i Cherokee erano rappresentati da John Ross, un uomo estremamente civilizzato che amava operare a Washington rapportandosi con il governo, usando la legge dei bianchi in maniera molto appropriata. Già nel 1817 i Cherokee scambiarono volontariamente una buona fetta del loro territorio con una uguale parte a ovest con la motivazione che metà della tribù intendeva proseguire la strada della civilizzazione e integrazione con la cultura dei bianchi, mentre un’altra metà preferiva partire per continuare a vivere alla “maniera dei padri”. Ben 2000 Cherokee partirono con il loro capo, Jolly ma non tardarono a inviare pessime notizie: la terra era povera di selvaggina e si doveva lottare costantemente con le tribù del posto che erano assai bellicose. Per spingere chi era rimasto, la Georgia arrivò persino a privare gli indiani di ogni diritto civile e aizzò i bianchi contro quegli indiani. Nel 1834 i Cherokee intentarono un ricorso contro la Georgia presso la Corte Suprema che, guarda un po’, gli diede persino ragione! Il presidente Jackson, però, incoraggiò la Georgia a trascurare la Corte Suprema, cosa che venne presto fatta. Si giunse anche a organizzare incredibili lotterie con in palio le terre e le case dei Cherokee. Lo stesso capo John Ross tornò da Washington e trovò la sua casa occupata da bianchi. Il colpo di scena si verificò nel 1835 allorquando una parte minoritaria dei Cherokee firmò un patto a  New Echota (territorio Cherokee) con la Georgia con il quale ci si impegnava a emigrare in cambio di 5.700.000 dollari. Tutti i Cherokee si scoprirono impegnati da un accordo siglato da una piccola parte di loro! John Ross e ben 16.000 Cherokee scrissero e firmarono una petizione al parlamento in cui, tra l’altro, gridavano: “Siamo privi della nostra nazione! Non siamo più membri della famiglia umana! Non abbiamo più un paese, un focolare, un luogo che possiamo chiamare nostro! Siamo soffocati!

Non bastò e il parlamento ratificò l’accordo di New Echota: i Cherokee dovevano partire.

Toccò anche a Choctaw e Chickasaw, entrambe nazioni assai ricche. Partirono in 18mila ma 2.500 morirono di freddo e di stenti perché, come sempre, si impose la partenza in pieno inverno. Altri morirono a causa del colera che si scatenò  a causa dell’inquinamento delle acque indotto da una concentrazione troppo alta di persone lungo i corsi d’acqua. I soldi del risarcimento, ancora una volta, furono rubati da astuti imbroglioni bianchi e le tribù attesero ben cinquant’anni per avere una qualche forma di giustizia.

La Confederazione dei Creek pagò un altissimo tributo di vittime alla Pista delle Lacrime: ben 3.500 uomini, donne e bambini persero la vita lungo il viaggio. I Creek erano poverissimi e viaggiarono su carri scoperti nei quali i bambini letteralmente gridavano per il freddo. I vari viaggi venivano organizzati perché partissero alle 4 del mattino, in inverno.

Ci fu un'ultima guerra a est del Mississippi inizio nel 1832;

La tribù dei sauk e Fox vivevano nell'territorio dell'Illinois ma Secondo il trattato del 1804 Sauk e Fox avevano ceduto le loro terre in Illinois, e nel 1828 furono spostati ad ovest del Mississippi. Falco Nero (capo Sauk) ed altri membri delle tribù negavano la validità del trattato. Infuriato dalla perdita della terra natale, tra il 1830 ed il 1831 Falco Nero guidò alcune incursioni oltre il Mississippi in Illinois. Ogni volta fu convinto a tornare ad ovest senza spargimenti di sangue.

Nell'aprile del 1832, incoraggiato dalla promessa di un'alleanza con altre tribù e con gli inglesi, portò la propria "British Band" di oltre 1500 persone, sia guerrieri che non, in Illinois. Non trovando alleati cercò di tornare nell'attuale stato dello Iowa, ma le indisciplinate milizie dell'Illinois provocarono l'attacco e la battaglia di Stillman's Run. Seguirono molti altri scontri violenti. I governatori degli stati di Michigan ed Illinois mobilitarono le proprie milizie per dare la caccia alla banda Sauk di Falco Nero. Il conflitto divenne famoso col nome di guerra di Falco Nero.

Quando Falco Nero entrò in Illinois ad aprile, la sua British Band era composta di circa 500 guerrieri e 1000 uomini anziani, donne e bambini.

Con il prosieguo della guerra gruppi di altre tribù si unirono a Falco Nero, o cercarono di farlo. Altri nativi e coloni praticarono violenze personali approfittando del caos della guerra. In un caso una banda di ostili Ho-Chunk intenzionati ad unirsi a Falco Nero attaccò ed uccise il gruppo,in quello che gli americani chiamano massacro di Saint Vrain. Questa azione fu un'eccezione dato che molti Ho-Chunk si schierarono con gli americani nel corso della guerra di Falco Nero. I guerrieri che assaltarono Saint Vrain agivano in modo indipendente dagli altri Ho-Chunk. Tra aprile ed agosto anche i guerrieri Potawatomi si unirono a Falco Nero.

La guerra durò da aprile ad agosto del 1832, con numerose battaglie, schermaglie e massacri su entrambi i lati. Quando le milizie di Illinois e Michigan incrociarono Falco Nero dopo la battaglia Wisconsin Heights, diedero vita allo scontro finale di Bad Axe. Alla foce del Bad Axe i soldati lanciati all'inseguimento, gli alleati indiani ed una cannoniera statunitense uccisero centinaia di Sauk e Potawatomi, con donne e bambini. Il 27 agosto 1832 Falco Nero si arrese all'agente indiano Joseph Street.

A ovest del Mississippi nella zona delle grandi pianure tra il 1801 e il 1802 infurià un epidemia di vaiolo tra le tribù; uccise il 50% della gente Omaha, dei Ponca, degli Oto e degli Iowa uccise il 75% mentre decimo anche le tribù che erano state costrette ad emmigrare nel ovest in particolar modo gli Ottawa e i Kickapoo. 

la malattia di vaiolo si estense anche tra i Crow e tra i Pawnee che nè decimo il 69% poi verso il 1819 colpì anche le tribù del Texas come i Kiowa e i Comanche. giunse anche in tra i Sioux e prosegui attraverso l'Oregon (terra dei Nez Percè) e prosegui nell'attuale stato di Washington decimò le tribù come i Salish, i Quilute è anche i Tlingit dell'Alaska.

un testimone dell'epidemia tra i Chippewa del Manitoba (Canada) raccontò che la meta dei malati moriva di fame o per mancanza di cure prima che si potesse verificare una ripresa di forze e la capacità di sostenersi da soli:

poi intorno al 1832 in America giunse la colera e come un fantasma raggiunse i membri delle tribù Pawnee, Comanche, Kiowa, Cheyenne e Apache e giunse a colpire pure le tribù che abitavano in California uccidendone il 20%